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Rendite finanziarie, sette ragioni per l'aliquota unica
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  22/10/2007  11:13:24, in Fisco, letto 3324 volte
Mi concentrerò sulle ragioni che militano a favore della tassazione delle rendite finanziarie con aliquota unica al 20%. La proposta è tassare al 20% rendite finanziarie, capital gain, stock option, ecc. e far scendere gli interessi sui conti correnti dall’attuale 27 al 20%. Quindi per i conti correnti meno tasse per 6-700 milioni di euro. 1. È questo il momento per introdurla? A chi ha proposto il rinvio a tempi migliori ricordo che il Primo ministro, Gordon Brown, non la pensa così. Eppure Londra è la più importante piazza finanziaria in Europa. Inoltre, gli operatori finanziari operano da “lordisti” con gli strumenti finanziari e, quindi, anche con i titoli di stato. I loro bilanci li rendono largamente impermeabili all’aliquota unica. Per di più il debito pubblico italiano è detenuto per oltre la metà da operatori esteri e per un altro 30% da fondi italiani per i quali è urgente l’equiparazione fiscale ai fondi esteri, mentre l’aliquota unica non sembra sconvolgerli. 2. Proposta di sinistra. Non mi pare, o almeno non solo, visto che ne hanno ragionato anche i conservatori inglesi che stanno polemizzando con i laburisti per aver “rubato” loro la proposta. In Italia, del resto, il disegno di legge collegato alla finanziaria 2007, e approvato da tutto il governo, anche se non dal Parlamento, recitava testualmente all’articolo 1: “previsione di un’unica aliquota non superiore al 20%”, e avrebbe dovuto entrare in vigore lo scorso 1° luglio 2007, con una previsione di maggiori entrate a regime di 2 miliardi di euro. Il timore dello spostamento a sinistra può indurre pericolose distorsioni ottiche. 3. Crea problemi all’economia? Solo nel senso che riequilibra la tassazione oggi più favorevole all’impiego speculativo del capitale che a quello produttivo. Infatti la tassazione al 12,5% è molto più bassa all’attuale 33% che grava sui profitti di impresa. Quindi, è interesse, anzitutto, di chi fa impresa avere una tassazione meno squilibrata. Non a caso si valorizza, la riduzione, contenuta nella finanziaria 2008, della tassazione sui profitti di impresa al 27,5%. Alcune affermazioni di esponenti di Confindustria in proposito sono risultate semplicemente incomprensibili. 4. Effetti sui redditi. È iniqua una tassazione sui redditi personali, oggi essenzialmente da lavoro, che va dal 23% al 43%, mentre stock option, capital gain, dividendi, ecc. sono tassati al 12,5%. Lo squilibrio è evidente. In altri paesi non è così. La cedolare secca, inventata per garantire l’anonimato, dovrebbe essere più alta e non più bassa della tassazione ordinaria. Ricordo, inoltre, che in altri paesi si è aperta una discussione sull’opportunità di considerare le stock option come parte rilevante della retribuzione dei manager, perché in troppi casi provocano distorsioni e convenienze che confliggono con l’interesse dell’impresa. 5. Buoni del Tesoro. Quelli già in possesso delle famiglie vanno tenuti fuori dall’aumento della tassazione al 20%, esattamente come indica il governatore Draghi. Si tratta di circa 300 miliardi di euro in possesso di persone fisiche che hanno tutto il diritto di non subire i contraccolpi di un aumento, non previsto, della tassazione. Farlo è tecnicamente possibile. Ad esempio, se si vuole un unico regime di tassazione si può lavorare su un bonus fiscale. In ogni caso vanno esclusi aumenti di tassazione su BOT e titoli assimilati già detenuti. Mentre per il futuro è una semplice partita di giro perché all’aumento di tassazione dovrà corrispondere un aumento del valore nominale di titoli pubblici per garantire lo stesso rendimento. Altrimenti nessuno li comprerà più. 6. Redditi misti. L’aliquota al 20% ridurrebbe in modo consistente la tassazione sugli interessi dei conti correnti, oggi al 27%. Il problema di chi aggiunge oggi un pò di guadagni finanziari ad un altro reddito modesto esiste, e può essere risolto utilizzando il di più che può portare la tassazione delle rendite finanziarie al 20%, diminuendo di altrettanto, con queste risorse, la tassazione sui redditi più bassi. S realizza così l’invarianza sostanziale del prelievo fiscale. 7. Europa. Con l’aliquota al 20% raggiungeremmo una tassazione di livello europeo. Non sono dispiaciuto che la sinistra si intesti questa proposta. Tuttavia questo non è sufficiente per definirla di sinistra, come sarebbe, ad esempio, la tassazione con le stesse modalità di tutti i redditi qualunque ne sia la provenienza. La tassazione delle rendite con aliquota unica al 20% è semplicemente una proposta di buon senso che porterebbe a più equità fiscale e a un mercato più equilibrato e moderno. Forse i riformisti dovrebbero fare qualche ulteriore riflessione, guardando alla sostanza.