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UE: contro il neoliberismo, chiamare a raccolta tutte le energie
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  31/10/2012  11:05:51, in Economia, letto 1826 volte
La situazione se non fosse preoccupante sarebbe divertente. In passato il Fondo Monetario Internazionale era noto per la durezza delle sue ricette in cambio degli aiuti che concedeva. Oggi quelle posizioni neoliberiste sono diventate patrimonio dell’Europa, proprio mentre il FMI ne critica l’eccesso di politiche di austerità, con il conseguente aggravamento della recessione.
Il vertice europeo ha confermato, purtroppo, che le posizioni neoliberiste in Europa sono forti e premono per mantenere inalterata una linea di dura austerità, considerando la crescente disoccupazione e il rallentamento dell’economia una sorta di “danni collaterali” di una linea necessaria.
La conseguenza è lo stravolgimento del funzionamento dell’economia. Anzichè porsi l’obiettivo di fare stare meglio le persone, in particolare quelle che ne hanno più bisogno, le politiche economiche europee perseguono una politica di bilancio che provoca disoccupati e recessione.
La gravissima situazione sociale della Grecia continua ad essere guardata con un inaccettabile distacco. Ancora oggi non si sa se verrà accettata almeno la richiesta del Governo greco di avere più tempo per il risanamento. La Spagna è in attesa di aiuti che potrebbero costarle molto cari e rischia seriamente l’esplosione istituzionale. Altri paesi hanno problemi seri e anche l’Italia non si sente molto bene visto che, dopo un 2012 da dimenticare, anche nel 2013 la ripresa economica non ci sarà e quindi i problemi occupazionali, in particolare dei giovani, si aggraveranno ulteriormente. Naturalmente in fondo ai discorsi non manca mai un appello alla ripresa economica, salvo lasciare tutto com’è.
Eppure le posizioni neoliberiste europee hanno ottenuto, purtroppo, risultati di non poco conto. Prima hanno costretto i singoli Stati ad accettare l’impegno al pareggio di bilancio, che in Italia è entrato nella Costituzione (nuovo articolo 81), decidendo per la prima volta che una teoria economica diventasse teoria di Stato. Una specie di nuovo Santo Uffizio.
Poi hanno imposto il fiscal compact che contiene gli impegni ad arrivare a questo obiettivo. Per l’Italia vuol dire per 20 anni impiegare per la riduzione del debito più o meno 45/50 miliardi di euro.
Questi durissimi vincoli ora dovrebbero vedere un ulteriore stretta di freni attraverso un giudizio preventivo e vincolante sulle leggi di bilancio dei singoli Stati e poiché la Germania capisce che non può pretendere di farlo direttamente (scatenerebbe reazioni incontrollate) propone di nominare un Commissario europeo ad hoc o qualcosa di simile.
La cosa curiosa (si fa per dire) è che la decisione di massima già adottata di affidare alla Bce il controllo del sistema bancario europeo viene invece affrontata con grande calma, perché alla Germania non piace l’idea di un controllo europeo sulle Casse locali tedesche. In altre parole ciò che interessa alla Germania si attua con rapidità incredibile, anche stravolgendo le regole europee, mentre ciò che non le piace può attendere e per questo obiettivo si riscoprono le arti della diplomazia più consumata come approvare una norma, salvo farla entrare in vigore più tardi, con comodo.
In realtà il vero problema è che in Europa ancora non si delinea un confronto degno di questo nome tra le posisizoni neoliberiste (le stesse che hanno portato alla crisi attuale) e quelle che non lo sono, come ad esempio quelle di sinistra, socialiste.
I neoliberali hanno una linea chiara. Gli altri purtroppo no, o almeno non lo dimostrano.
E’ giunto il momento di porre con nettezza l’esigenza di un’Europa diversa, utilizzando anche le occasioni elettorali che si svolgeranno nei prossimi mesi a partire da quelle italiane.
Fare i compiti a casa dell’Europa sbagliata non è un gran risultato.
Al centro debbono tornare occupazione, stato sociale, ambiente e clima, cultura e innovazione, superando una situazione in cui la crisi è diventata la scusa per fare strame di questi obiettivi, tutti rinviati ad un futuro indeterminato.
Se l’Europa ora rischia seriamente di farsi molto male con la diffusione della recessione e della disoccupazione e di essere un esempio negativo nel mondo è perché gli obiettivi di austerità sono diventati un nuovo Moloch a cui sacrificare tutto e tutti.
Avere affrontato il meccanismo salva Stati senza porre con chiarezza il problema della solidarietà tra chi beneficia di tassi fin troppo bassi mentre altri li pagano troppo alti, ha portato ad una situazione in cui il risanamento è pressochè tutto sulle spalle di chi ha difficoltà ed è per di più sotto tiro della speculazione finanziaria. Per questo si sommano tassi troppo alti sui debiti pubblici e politiche di austerità che portano alla recessione. Non avere affrontato il problema del ruolo di finanziatore di ultima istanza della Bce (come la Fed americana) porta gli Stati a finanziarsi sui mercati e sotto il ricatto dei mercati. I tanto temuti spread nascono qui.
Certo oggi si parla di Tassa sulle Transazioni Finanziarie, che sarebbe pur sempre un passetto avanti, ma senza dimenticare che ancora non è in vigore, a differenza del Fiscal compact, approvato con la velocità della luce.
In Europa la divaricazione tra i redditi, la recessione e la crisi occupazionale, l’accantonamento dei problemi ambientali, solo per fare alcuni esempi, riguardano tutti, ma certamente alcuni molto più di altri. Per questo è necessario riproporre la questione dello sviluppo di qualità, per una piena e buona occupazione, ma per farlo occorre aprire in Europa una lotta politica per contrastare il neomalthusianesimo dei liberisti, chiamando a raccolta prima possibile tutte le energie politiche e sociali disponibili a farlo.
Alfiero Grandi