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Il Governo Letta non c’è più
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  18/02/2014  10:12:05, in Politica, letto 1229 volte

- Pubblicato da www.arsinistra.it, l'Altro quotidianoDazebaocambiailmondo.org,

Il periodo del Governo Letta, che ha dato continuità alle larghe intese (diventate in seguito ristrette) iniziate con Monti, è finito. Senza rimpianti. Resta il fatto che il veloce cannibalismo dell’attuale maggioranza del Pd verso un esponente di primo piano dello stesso partito come Letta, era vicesegretario di Bersani prima di fare il Presidente del Consiglio, fa una certa impressione. Per di più le primarie hanno eletto il segretario del Pd, non il candidato alla guida del Governo. Con Renzi le larghe intese non finiranno, anzi tenterà di farle durare fino al 2018, malgrado le sue dichiarazioni precedenti. Quando si prendono certi vizi non è facile dismetterli. E’ la conferma che era falso affermare che dopo i governi Monti e Letta la dialettica politica tra destra e sinistra in Italia sarebbe tornata alla normalità. Le larghe intese sono come il metadone: non guariscono la dipendenza dagli accordi innaturali. Il futuro Governo Renzi avrà la stessa maggioranza politica di quello Letta. Il segretario del Pd ha dimostrato in poche settimane di dire e disdire con grande facilità, senza imbarazzi, facendo leva sulle debolezze altrui. “Stai sereno Enrico”, resterà una frase storica di Renzi. Quando in altre situazioni verrà ripetuta il destinatario capirà di essere al capolinea. Continuare con governi che vedono il Pd alleato con la destra sta diventando un’abitudine perniciosa per la democrazia italiana e il bipolarismo. Obiettivo con cui Renzi ha giustificato la sua proposta di legge elettorale. Di questo passo si dovrà attendere molto tempo prima che torni ad essere la modalità fisiologica della politica italiana. Ho già avuto occasione di riconoscere a Renzi un merito. La situazione paludosa in cui era finita la situazione politica del nostro paese aveva bisogno di essere rimessa in movimento. Renzi ha smosso le acque stagnanti e per farlo ha usato in modo spregiudicato l’insoddisfazione diffusa per i precedenti gruppi dirigenti del Pd, che tuttora non sembrano avere compreso di essere stati gli apprendisti stregoni che hanno permesso a Renzi di vincere le primarie. Naturalmente riconoscergli di avere rimesso in movimento la situazione non vuol dire condividerne metodi e strategia. Anzi, richiamare l’attenzione sulla novità Renzi è un ulteriore tentativo di scuotere la sinistra dal suo torpore, per spingerla ad uscire da una linea di difesa senza prospettive e purtroppo senza speranza. Se Renzi si muove anche gli altri debbono farlo, altrimenti diventeranno comparse. Questo messaggio è rivolto alla sinistra sparsa e in perenne diaspora. Tecoppa era un personaggio che chiedeva all’avversario di stare fermo per poterlo colpire. Con Renzi questo atteggiamento non è possibile, occorre muoversi. Naturalmente con una strategia politica convincente. Per le scelte più impegnative ci vorrà tempo, ora si deve rispondere ai problemi urgenti. Per questo al centro non possono essere tanto le questioni di assetto politico-organizzativo, di cui pure occorre costruire le condizioni. Infatti si percepisce che dopo tante delusioni sta crescendo il bisogno di costruire una forza politica di sinistra. Esigenza probabilmente giusta e da non sottovalutare, ma per rispondere occorre costruire solide basi che per ora non ci sono. Le scelte vanno costruite, non si inventano. Ci sono appuntamenti urgenti che pretendono risposte e nessuno regalerà il tempo e la tranquillità per cercare di uscire dal cul de sac in cui la sinistra è finita dentro e fuori il Pd. Un solo esempio. Renzi ha sostenuto che la riforma elettorale era urgente per garantire la governabilità, per dare le risposte che il paese attende, ora si è rapidamente contraddetto accettando di dirigere un governo in questo quadro politico e dunque ammettendo di fatto che la riforma elettorale non era la condizione irrinunciabile che aveva fatto credere. Anzi ora diventa un compito del suo governo. Un poco come la pelle di zigrino. Renzi centrando sulla legge elettorale ha lasciato nel vago gli interventi urgenti per affrontare la crisi economica e ancora oggi nessuno sa bene cosa voglia effettivamente fare. E’ stato abile. Si è fatto dare un mandato in bianco e ha usato spregiudicatamente la maggioranza ottenuta. Restare in difensiva, subire la sua iniziativa non porta lontano, va detto con affetto e stima per tante persone della minoranza del Pd. Per non restare schiacciati occorre darsi una strategia alternativa, puntando ad unire le forze disponibili, altrimenti Renzi metterà gli uni contro gli altri e dominerà incontrastato. Per coprire lo spazio che esiste tra ciò che sarebbe necessario e ciò che è possibile non c’è a breve altra via che dare vita a una sede permanente di confronto, in cui si possa sviluppare una discussione senza steccati tra soggettività della sinistra finora lontane, perfino in contrasto tra loro, per mettere in comune un’analisi della crisi e soprattutto indicare come affrontarla. Questo è un terreno immediato di lavoro, che potrebbe diventare comune, ed è indispensabile per qualunque prospettiva. Se non ci saranno le convergenze necessarie, ottenute con la disponibilità di ciascuno a mettersi in discussione, il futuro della sinistra italiana sarà gramo. Se così fosse non sarebbe colpa di Renzi ma della sinistra perchè incapace di reagire alle sfide con la forza e la fantasia rese necessarie dalle nuove condizioni della politica italiana. Per di più con il rischio concreto che per lungo tempo la sinistra resti afona e residuale. Alfiero Grandi