.:: Home Page : Articoli : Stampa
La vera posta in gioco politica: Ridare ruolo alle forze sociali e alla loro rappresentanza è un punto centrale del futuro politico di questo paese
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  09/03/2019  20:46:27, in Politica, letto 613 volte

Zingaretti è segretario del Pd. Non è ancora la svolta ma è una buona notizia. La partecipazione alle primarie è stato un segnale politico chiaro. Tante e tanti hanno scelto di partecipare a questo evento nella speranza di contribuire a rimettere in campo un’opposizione di sinistra. Questo risultato viene dopo la manifestazione antirazzista di Milano, importante per la grande partecipazione e per essere stata convocata a Milano, dove c’è competizione tra punti di vista alternativi.

Questi avvenimenti segnalano novità incoraggianti

Sarebbe un errore ritenere che questo sia sufficiente. Ora occorre mettere al centro le scelte. Se la maggioranza gialloverde ha potuto contare su sondaggi favorevoli per molti mesi lo si deve al fatto di non avere dovuto confrontarsi con una reale alternativa. Da destra Forza Italia e Fratelli d’Italia non possono essere un’alternativa perché il loro obiettivo è ricostruire l’alleanza con Salvini. A sinistra non c’è stata una alternativa realistica, ma un’opposizione confusa e divisa, che ha usato argomenti indifferentemente di destra e di sinistra per attaccare la maggioranza.  Emblematico il reddito di cittadinanza. Non si può respingere la proposta del governo rivendicando nello stesso tempo che in precedenza era già stato introdotto il Rei che avrebbe potuto essere potenziato, invece di introdurre un nuovo meccanismo, e nello stesso tempo dipingere come un errore la scelta di migliorare la condizione dell’area di povertà, esplosa nei numeri in dieci anni. Andrebbe tenuto a mente per lo meno che anche gli 80 euro erano destinati a chi non aveva reddito da lavoro sufficiente, quindi intervenendo sul lato della domanda.

Interventi a sostegno dei redditi insufficienti a garantire dignità nella vita sono una scelta non solo giusta ma indispensabile, quando una crisi dura da più di un decennio e non se ne vede la fine. La proposta del reddito di cittadinanza ha certo aspetti discutibili e confusi, come la sovrapposizione degli interventi per il lavoro e quelli per il sostegno al reddito delle aree più povere. Tuttavia l’opposizione dovrebbe condividere l’esigenza di intervenire sulla povertà e lavorare per correggere errori e storture. Ad esempio l’errore di avere sottovalutato il rapporto con le Regioni e i sindacati e quindi conducendo una battaglia a fin di bene, nell’interesse del paese. Detto questo ci sono altri interventi da fare per gli investimenti e per l’occupazione e per questi occorrono scelte politiche che questa maggioranza non ha fatto, non è in grado di fare e probabilmente si dividerebbe ove fosse costretta a scegliere.

La prima scelta per Zingaretti è creare le condizioni per un’alternativa alla maggioranza gialloverde prima che sia troppo tardi. Dalle primarie è uscita una chiara archiviazione della logica di Renzi, ribadita sul Corriere dove ha rivendicato di essere stato l’artefice della rottura che ha spinto il M5Stelle nelle braccia di Salvini. La politica del “mai con i 5Stelle” è stata sconfitta nelle primarie senza appello, per questo sarebbe un errore farsi condizionare da una riedizione dello “stai sereno”, prima con Letta, ora con Zingaretti. Occorre fare esplodere le contraddizioni nella maggioranza prima che sia troppo tardi, senza dimenticare che la destra per ora non ha i voti per fare da sola mentre una qualche forma di convergenza tra Pd, sinistra e M5Stelle li potrebbe avere. Si vedrà se nel Pd continueranno a dire no anche dopo le primarie. Certo un confronto tra Pd, sinistra e 5 Stelle non sarebbe semplice. Ma se la discussione si concentrasse su proposte, come quella di Di Maio, sul salario minimo potrebbero esserci delle novità. Occorre avere posizioni chiare nel confronto, ma questo è possibile verificarlo solo se il “mai con i 5Stelle” viene archiviato. Altrimenti si rischia che una maggioranza in grande difficoltà continui a governare il nostro paese in crisi economica, in assenza di un’alternativa credibile. Renzi ha contribuito a far perdere oltre un anno con un no pregiudiziale e rancoroso che ha contribuito a spingere il M5Stelle nelle braccia della Lega di Salvini. Sarebbe bene non perderne altro, la crisi lo impone. Occorre introdurre novità nel rapporto con le forze sociali. Renzi ha iniziato la disintermediazione del ruolo delle organizzazioni sociali a partire dal sindacato, avviando la riduzione dei diritti dei lavoratori con il Jobs act. Questo governo finora ha portato avanti il lavoro iniziato da Renzi. Non a caso Di Maio si rivolge al Pd per il salario minimo ma sull’argomento non ha previsto un dialogo preventivo con il sindacato. Ridare ruolo alle forze sociali e alla loro rappresentanza è un punto centrale del futuro politico di questo paese, altrimenti i guai si moltiplicheranno.

Questo è un compito che il Pd diretto da Zingaretti deve assumere esplicitamente, su questo incalzando il governo gialloverde. Il governo non ce la fa, ma le critiche spesso non affrontano il nodo delle difficoltà. La questione di fondo è politica. L’Italia se non vuole staccarsi definitivamente dal gruppo di testo dell’Europa, se intende riprendere un ruolo innovativo sul piano sociale politico, deve affrontare il problema della mobilitazione delle energie politiche, intellettuali e sociali che possono invece impegnarsi per fare uscire il paese da questa crisi che rischia di diventare declino.

La risposta non può che essere politica. Una politica che considera e valorizza il contributo delle forze sociali e intellettuali fondamentali di cui l’Italia – per fortuna – tuttora dispone. Per la ripresa dell’economia e il progresso sociale è necessario costruire una convergenza tra governo e parti sociali fondamentali su obiettivi di medio-lungo periodo. Il governo propone, le forze sociali fondamentali e l’intellettualità ne discutono, poi si tenta di arrivare ad una sintesi condivisa, il cui fondamento deve essere la fine dell’idea dominante che dopo la fine della svalutazione monetaria ora l’unica valvola di sfogo sia svalutare il ruolo del lavoro. Dopo anni, questa scelta ha dato risultati disastrosi. Ora è giunto il momento di una svolta il cui punto di partenza non può che essere la valorizzazione del lavoro, della sua quantità, della sua qualità, della sua crescita nella considerazione sociale e nelle retribuzioni. La fase dello sfruttamento selvaggio del lavoro, fino a lambire forme di schiavitù, deve finire.

Per garantire la realizzazione di un nuovo patto sulle scelte per il futuro è necessario un governo affidabile e credibile e quello attuale non lo


Alfiero Grandi