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No al taglio dei parlamentari. No all’election day - di Alfiero Grandi
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  07/06/2020  21:33:24, in Politica, letto 1248 volte
(articolo di Alfiero Grandi su sinistrasindacale.it  n.11 del 2020)

Il referendum costituzionale sul taglio del parlamento, previsto per il 29 marzo, è stato rinviato - causa pandemia - a un periodo tra settembre e novembre. Il governo, su pressione del Movimento 5 Stelle, vuole organizzare le elezioni regionali e comunali con il referendum costituzionale in un’unica giornata (election day).

La forzatura sulla data unica alla Camera, in occasione della conversione di un decreto legge, ha subito una battuta d’arresto perché le Regioni interessate hanno chiesto di votare il 6 settembre. Tanto più che i loro statuti prevedono che siano le stesse Regioni a decidere la data del voto. Il governo ha sottovalutato la loro autonomia decisionale e può solo conquistarne il consenso, altrimenti l’election day è difficile da realizzare, vista la defezione delle Regioni interessate.

Perché tante forzature per votare in un unico giorno? Perché il M5S capisce che il taglio del parlamento non gli porta i consensi auspicati, non è il corroborante sperato per un movimento in crisi di consensi, e nel voto potrebbe esserci la prevalenza per pochi voti del Sì o del No.

L’election day è la speranza di aumentare i votanti, perché il voto su regioni e comuni potrebbe spingere ad una maggiore partecipazione anche sul taglio dei parlamentari. Ma la modifica costituzionale passerebbe in secondo piano e non sarebbe più la scelta a cui attribuiscono, a parole, tanto valore.

Il M5S tenta di forzare la mano al paese. Anche gli altri partiti della maggioranza sono corresponsabili, visto che hanno capovolto la posizione contraria al taglio del Parlamento in un voto a favore. Rendendosi conto dell’enormità di affermare il contrario di quanto avevano sostenuto in precedenza, non hanno trovato di meglio che proporre altre modifiche della Costituzione che non si sa se e quando verranno approvate, e tanto meno è certa la nuova legge elettorale proporzionale.

Non avendo preteso di inserire le ulteriori modifiche della Costituzione nello stesso testo, per dare un minimo di credibilità al capovolgimento di fronte sul taglio del Parlamento, il loro percorso è imprevedibile e nessuno può garantire che il Presidente della Repubblica verrà eletto da un collegio con le proporzioni attuali.

Anche la modifica dell’elezione dei senatori su base regionale rischia di non avvenire in tempo utile per il rinnovo delle Camere, perché occorre modificare in modo coordinato la Costituzione e la legge elettorale, in assenza di tempi certi e con punti essenziali da chiarire, a partire dalla possibilità per gli elettori di scegliere direttamente i loro rappresentanti.

I partiti che hanno puntato su ulteriori modifiche della Costituzione e su una legge elettorale proporzionale come contrappesi per giustificare il capovolgimento di posizione - da contro a favore - non sono certi di riuscirci. Il rinvio del referendum è un’occasione per progressi che finora non ci sono stati, e lascia spazio al dubbio che sia stata una scelta per giustificare il capovolgimento di fronte.

La vera posizione è che formare la maggioranza per il Conte 2 giustificherebbe il capovolgimento di fronte sul taglio del Parlamento. Sbagliato, sono due piani diversi. Pretendere che una modifica della Costituzione su un punto centrale come il ruolo del parlamento venga discussa e votata da sola, senza mescolamenti, è il minimo.

La Costituzione merita rispetto e le sue modifiche debbono esse valutate in sé, qualunque sia l’esito del voto. Scoprire oggi che per portare elettori occorre votare anche per altri argomenti vuol dire che qualcuno vuole forzare la mano. Quale campagna elettorale potrà esserci sul taglio dei parlamentari se ci saranno altri argomenti nelle stesse elezioni? Nessuno può sostenere che votare in ottobre sarebbe più pericoloso che a settembre, la speranza di tutti è che il Covid 19 non torni come pandemia né a settembre né a ottobre, il resto è strumentale.

È certo che votare il 20 settembre renderebbe praticamente impossibile discutere del taglio dei parlamentari, tanto più che le componenti politiche della maggioranza per prime non vogliono farne un punto centrale.

La pandemia e la drammatica crisi occupazionale ed economica che ne è seguita (fanno fede i dati Istat) hanno messo in evidenza che i problemi da discutere dovrebbero essere altri, urgenti e complessi, in rapporto con l’Unione europea. Per questo occorre rilanciare il ruolo di rappresentanza del Parlamento, non il suo taglio. Certo il Parlamento potrebbe essere oggetto di aggiustamenti, ma a condizione che il suo ruolo torni centrale, per rappresentare i cittadini, anche se paghiamo i guasti di leggi elettorali sbagliate.

Due Camere ridotte di un terzo e il dileggio del ruolo dei parlamentari aiutano tentazioni autoritarie che si muovono nella società italiana, e non solo. La democrazia va rilanciata e valorizzata ma questi tagli danno un colpo al ruolo del Parlamento, con uno slittamento verso forme di potere accentrate, se non antidemocratiche. La vittoria del No può essere un antidoto per bloccare scelte sbagliate e controproducenti.