.:: Home Page : Articoli : Stampa
Nel movimento pacifista c’è bisogno di unità e c’è posto per tutti
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  12/03/2022  18:36:37, in Politica, letto 846 volte
(www.editorialedomani.it del 12/3/22)
  • La “piazza” per la pace ha bisogno di estendersi e rafforzarsi per contribuire a fermare la guerra. L’unità è sull’obiettivo, le motivazioni sono diverse, ma è un sogno che non ha alternative.
  •  Non basta che si offrano per le trattative “volenterosi” capi di governo, anche per interessi propri, ma è urgente che entri in campo l’Onu, da troppo tempo messo nell’angolo, ridotto a teatro delle reciproche accuse.
  • I soldi per le guerre e gli armamenti si trovano sempre, non quelli per affrontare i problemi delle persone: lavoro, equità sociale che sono considerati costi.

La “piazza” per la pace ha bisogno di estendersi e rafforzarsi per contribuire a fermare la guerra. Il suo programma è la fine dei combattimenti in Ucraina, garantendo la vita delle persone, di chi è sotto i bombardamenti, di chi oggi combatte, avviando una vera trattativa per regolare il contenzioso. L’unità è sull’obiettivo, le motivazioni sono diverse, ma è un sogno che non ha alternative.

Sarebbe una rivoluzione, perché ad oggi l’invasore russo e chi combatte per l’Ucraina non hanno intenzione di smettere. Le trattative non decollano. Ciascuno pensa di riuscire a vincere o di conquistare posizioni di forza. Non basta che si offrano per le trattative “volenterosi” capi di governo, anche per interessi propri, ma è urgente che entri in campo l’Onu, da troppo tempo messo nell’angolo, ridotto a teatro delle reciproche accuse, mentre deve essere protagonista delle soluzioni pacifiche. Le grandi potenze hanno scelto spesso di imporre decisioni unilaterali.

Quando si arriverà a una vera trattativa si potrà valutare la differenza con quello che si poteva tentare di concordare prima della guerra, senza i lutti, le distruzioni, i danni immediati e le tossine che resteranno anche quando il clamore delle armi cesserà. Del resto l’alternativa alla trattativa e alla pace oggi è che il mondo scivoli drammaticamente verso una guerra mondiale distruttiva.

Evolvere gli stati dell’Unione europea in fornitori di armi all’Ucraina, tanto più che era in campo da tempo la Nato, non è stata una buona idea e le ha inibito un ruolo per la pace, per di più ha dovuto autoimporsi dei limiti di qualità e di quantità.

L’invasione russa dell’Ucraina è stata un gravissimo errore, con conseguenze drammatiche in tutto il mondo, minando fiducia e reciproca comprensione, ha conseguenze sul ruolo internazionale della Russia. L’uso delle armi per vincere ad ogni costo diventa sempre più cruento, inaccettabile, orribile.

Gino Strada disse: la guerra come le malattie letali deve essere prevenuta: va abolita.

L’Ucraina ha scelto di resistere, in parte ci sta riuscendo, ma può pensare di vincere? Nei discorsi di Zelensky c’è qualcosa che va oltre la rivendicazione della fiera battaglia dell’Ucraina e punta, non a caso, a coinvolgere la Nato. Basta ricordare la richiesta della no fly zone o di aerei forniti dalla Nato, che renderebbero concreto il rischio di un conflitto mondiale, oppure la richiesta all’Europa di tagliare tutti i rifornimenti di gas e petrolio.
la politica energetica

Biden non ha difficoltà ad aderire al blocco di petrolio e gas della Russia, ha perfino recuperato forniture dal Venezuela, prima al bando. L’Europa non è in grado di adottare una misura così drastica, pagherebbe un prezzo insostenibile, con conseguenze sociali insopportabili.

Come ha detto Draghi, in passato una politica energetica miope ha sottovalutato la dipendenza dell’Italia (e dell’Europa) dall’estero, perché le politiche energetiche hanno puntato sui fossili anziché scegliere le energie rinnovabili. Continuando a investire nelle rinnovabili come nel 2010/2013 oggi, conti alla mano, potremmo fare a meno dei due terzi del gas russo. Occorrono proposte concrete per farlo da ora.
La sintesi

Quando la dialettica si presenta nella forma drammatica del conflitto armato è ancora più indispensabile puntare alla sintesi, cioè sulla fine del conflitto per impedire che tutto venga inquinato, distorto, che il mondo diventi molto peggio di quello che avevamo prima, per quanto insoddisfacente. Qualche mese fa l’obiettivo era fermare l’alterazione del clima contenendo l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi. Per realizzarlo occorrono distensione, cooperazione. Riprendere il filo sarà dura, ma ci sono alternative che non siano morte e distruzione?

Dopo la fine della guerra fredda, e del patto di Varsavia, il sogno era un mondo aperto, in cui confrontarsi, competere, cooperare. Oggi gli scienziati russi del Cern sono fuori dalla ricerca, la cultura è segnata dal ritiro dei dipinti di proprietà russa in mostra in Italia. Davvero vogliamo che dopo questa guerra il mondo sia preda della forza, della sopraffazione, dell’isteria? La guerra non è la soluzione, è il problema.

Non lo è stata nella ex Jugoslavia, le cui conseguenze sono nascoste in un “sarcofago”, come Chernobyl. La guerra e la corsa agli armamenti, in particolare nucleari, non risolvono i conflitti armati, li provocano. Ha ragione Francesco, i soldi per le guerre e gli armamenti si trovano sempre, non quelli per affrontare i problemi delle persone: lavoro, equità sociale che sono considerati costi.

Il mondo deve riannodare il filo bruscamente tagliato da Putin, le cui responsabilità non verranno dimenticate. Ma se si tornerà a parlarsi, a confrontarsi, ad aprirsi qualcosa cambierà anche in Russia, come iniziava a cambiare prima che contenimento e isolamento da parte della Nato prendessero il posto delle reciproche garanzie, del necessario reciproco coinvolgimento.  

Nel movimento per la pace c’è posto per tutti, per tutte le opinioni sulle responsabilità perché ciò che conta e deve unire è il salto di qualità dell’obiettivo di fondo: sospensione dei combattimenti, trattativa per ristabilire pace e riprendere la cooperazione.