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Sulle rendite nessuna marcia indietro
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  15/11/2007  15:39:37, in Fisco, letto 2360 volte
Intervista di Roberto Farneti per Liberazione
«L'Italia ha bisogno di incentivare gli investimenti in attività produttive. Il "di più" che arriverà va restituito ai redditi più bassi»
Sottosegretario Alfiero Grandi, il senatore Lamberto Dini rivendica a suo merito l'esclusione dalla Finanziaria dell'aumento della tassazione sulle rendite. Su questo punto ha quindi perso la Sinistra?
Sull'argomento nei mesi scorsi c'è stato, inutile negarlo, un"'impasse" nella maggioranza. Con l'ordine del giorno approvato dalla Commissione Bilancio del Senato - e accolto dal governo - abbiamo deciso di riprendere il cammino del disegno di legge delega che porta ancora il nome di "rendite finanziarie". Non ci è sembrato opportuno porre un carico ulteriore sulla Finanziaria 2008, che ha già i suoi problemi.'Tra l’altro, c'è la possibilità che anche la vicenda welfare venga inserita nella manovra alla Camera. Probabilmente aggiungendo un tema caldo come quello delle rendite, in questo momento, c'era il rischio di offrire a qualcuno il pretesto per fare giochi politici. Avere scelto un'altra strada credo sia stato saggio, anche perché, obiettivamente, l'argomento delle rendite presenta una certa complessità dal punto di vista tecnico e quindi merita una delega. Ricordo che il disegno di legge sulle rendite finanziarie era già in un collegato alla Finanziaria del2007. Poi fu staccato, ma la parte sulle rendite sarebbe dovuta entrare in vigore addirittura il primo luglio scorso. Il governo ci aveva dunque,già ragionato sopra, al punto che, addirittura, vedeva questo provvedimento come fonte di finanziamento della Finanziaria: un miliardo e cento milioni nel 2007, due miliardi nel 2008. Poi si è rotto qualcosa. Settori delle maggioranza hanno avuto dei ripensamenti. Io penso però che se affrontiamo la questione serenamente ne possiamo venire a capo. Lo stesso Dini, ad esempio, fa fatica a dire che la tassazione delle rendite con l'aliquota unica di livello europeo è una cosa sbagliata. Infatti in una recente intervista ha semplicemente affermato che «non è il momento» per introdurla. Quello che Dini può chiedere, semmai, è che quel "di più" di entrate serva per ridurre la pressione fiscale di quelli che pagano già troppo, ma su questo sfonda una porta aperta. In Inghilterra
Gordon Brown ha aumentato l'aliquota, eppure Londra è la piazza finanziaria più importante d'Europa. Non si vede perciò il motivo per cui noi, su questo argomento, dovremmo essere quelli che mostrano una timidezza eccessiva. E' stato obiettato: non si può affrontare solo il tema rendite . senza affrontare anche quello dei fondi immobiliari italiani, che hanno una condizione fiscale meno favorevole di quelli esteri. Benissimo, facciamolo, possiamo utilizzare l'articolo uno del disegno di legge sulle rendite.
Dunque sulle rendite il governo non ha gettato la spugna, c'è stato solo un rinvio. Quando pensate di affrontare la questione?
Subito dopo la manovra. Non sottovaluto i contrasti che si sono creati, sono però fiducioso sul fatto che con la determinazione della Sinistra, tutta insieme, e con una capacità di argomentare che non abbia caratteri di chiusura, si possano sciogliere le incrostazioni che si sono create. Esaminiamole. Anzituttto, una condizione ineliminabile è che i titoli pubblici detenuti dalle persone fisiche non deb-bano essere toccati, perché falli passare da una tassazione del 12,5% a una del 20% è comunque una modifica del-
l'aspettativa. Non è che giuridicamente non lo puoi fare, politicamente non è opportuno farlo. Si può perciò pensare a una aliquota unica al 20% per tutti, compensando chi oggi paga il 12,5% con bonus fiscali equivalenti.
La destra però attacca. Vi accusa di essere il "governo delle tasse", di penalizzare i piccoli risparmiatori e il ceto medio...
Basta chiarire che quello che si prende di più da queste aree - ma anche dai più ricchi - torna immediatamente a loro stesse. Ipotizziamo che, dopo la tassazione con aliquota unica, dalle rendite arrivino due miliardi: questi due miliardi vanno restituiti ai redditi più bassi. Quindi, da questo punto di vista, mi pare una partita di giro, anche perché intanto viene incassata la riduzione della tassazione sui conti correnti, dal 27%, come è oggi, al 20%.
I sindacati propongono di utilizzare i soldi della tassazione delle rendite per tagliare le tasse ai lavoratori dipendenti.
E' normale che chiedano questo, anche se il problema principale dei lavoratori resta quello di ritagliarsi una fetta di reddito più grande nell'ambito del reddito prodotto dalle imprese. Però anche il fisco può essere importante. Sottolineo che l'articolo 1 comma 4 della Finanziaria che stiamo approvando dice esattamente questo: che l'extragettito del 2008 va al lavoro dipendente. Per proteggere i ceti più deboli le soluzioni si possono trovare. Invece sappiamo che, dietro le mentite spoglie dei piccoli risparmiatori, spesso si nascondono le stock option, i grandi capitali. Una analisi effettuata da il Giornale - non un quotidiano "estremista" come voi di Liberazione - individua 25 top manager che in cinque anni si sono spartiti cifre impressionanti, come cinque miliardi di euro.
Non solo: il fatto che la tassazione al 12,5% delle rendite finanziarie sia oggi più vantaggiosa di quella sull'impresa, che è al 27,5%, danneggia anche l'economia.
Certo. Perché mai chi ha dei soldi dovrebbe investirli in una attività produttiva, sapendo che gli eventuali guadagni sarebbero tassati molto di più, quando è più comodo fare un investimento "mordi e fuggì" di natura finanziaria, che gode di una imposizione fiscale più bassa? Noi abbiamo bisogno di incentivare investimenti nel capitale produttivo, non la fuga nella rendita.