Fermiamoli, prima che coesione sociale e  diritti vengano compromessi. È una balla che la legge elettorale non  interessa i cittadini, in realtà chi sostiene questa tesi non vuole che i  cittadini se ne occupino, perché sa benissimo che la legge elettorale  incide proprio nella vita dei cittadini.
Ad esempio: se i parlamentari debbono la loro  elezione al capo o ad una ristretta consorteria di capi e capetti non  potranno che obbedire alle loro decisioni. Infatti l’autonomia del  singolo parlamentare può venire solo da un rapporto fiduciario e diretto  con i cittadini. Se i cittadini non hanno alcun ruolo nella sua  elezione perché possono solo votare la lista del partito o del movimento  il ruolo del parlamentare si riduce all’obbedienza al capo o ai  capetti, a votare come questi comandano. Se invece i parlamentari  rispondono ai cittadini che li hanno scelti direttamente dovranno  compiere scelte di cui rispondono in prima persona a loro, pena la non  rielezione.
Negli Stati Uniti al presidenzialismo, che porta ad  una scelta iper personalizzata si accompagna un contrappeso formidabile.  I parlamentari della Camera e del Senato sono eletti indipendentemente  dal presidente e possono avere orientamenti diversi, perfino  contrastarlo, perché rispondono solo ai loro elettori. Se ne è avuta una  dimostrazione in occasione del braccio di ferro sul bilancio degli Usa  2018, imponendo al presidente Trump di trattare. Appunto perché  rispondono agli elettori non al Presidente.
Il nodo essenziale della legge elettorale è questo: a  chi risponde l’eletto. Per questo la legge elettorale con cui voteremo  il 4 marzo è sbagliata, come il porcellum, e aggraverà ulteriormente la  frattura tra cittadini e parlamentari. I cittadini si sentiranno sempre  più inascoltati. Da qui il pericolo dell’astensionismo e del voto di  protesta. Questo falsa la stessa campagna elettorale. Va di moda  promettere riduzioni delle tasse quando la priorità dovrebbe essere una  politica economica per l’occupazione e lo sviluppo, puntando ad  aumentare gli investimenti pubblici, la manutenzione del territorio e  dell’ambiente, l’innovazione e gli investimenti produttivi, scelte per  le quali occorrono quattrini. Ancora peggio la promessa elettorale di  scardinare l’attuale sistema di tassazione, che la Costituzione prevede  sia progressivo in rapporto alla capacità economica e di reddito dei  cittadini. La flat tax non è una proposta come le altre, è una bomba  sotto i conti pubblici ed è una esplicita promessa di manomissione dello  stato sociale e della possibilità di garantire i diritti fondamentali  dei cittadini previsti dalla Costituzione e dalle regole internazionali.
Questa proposta di eversione del sistema fiscale  viene avanzata dalla destra nella convinzione che se il risultato  elettorale darà forza parlamentare a chi la propone, si potrebbe  arrivare alla sua approvazione prima che i cittadini si rendano conto  del disastro che ne deriverebbe e grazie ad una legge elettorale che  stabilisce un rapporto di subalternità dei parlamentari a capi e  capetti. Se al contrario dovessero rispondere ai cittadini del loro  operato tutta questa operazione diventerebbe difficile.Tutti gli studi  confermano che negli anni della crisi la forbice tra i più ricchi e gli  altri cittadini si è ampliata ed è raddoppiato il numero dei poveri, che  potrebbero ulteriormente aumentare. Il dibattito sulla flat tax mentre  escono gli aggiornamenti sulla sempre maggiore ricchezza concentrata in  poche mani, complice il moltiplicatore finanziario, è surreale.  Diminuire le tasse a chi è già ricco è insensato e ingiusto.
Per questo occorre rompere la bolla di separatezza in  cui sono rinchiusi i parlamentari, questo renderebbe difficile  proseguire con proposte demenziali come la flat tax, o la riduzione  generalizzate delle tasse, ovviamente a vantaggio dei ricchi. Per questo  occorre cambiare questa legge elettorale al più presto e il  Coordinamento democrazia costituzionale con una sua proposta di legge di  iniziativa popolare punta a rimettere tutto in discussione. Ne va della  qualità della nostra democrazia che oggi non si sente molto bene.