La prima emergenza nel funzionamento della democrazia         italiana è la crescita dell’astensionismo. Questo è il segnale         che accomuna Sardegna         e Abruzzo.
Ci sono stati episodi di partecipazione massiccia al         voto che         confermano che quando si è chiamati a decidere su argomenti di         grande rilievo in         modo chiaro la situazione cambia, come in occasione del         referendum del 2016 che         bocciò la deformazione costituzionale proposta da Renzi.
Da anni sono in vigore leggi elettorali che hanno         creato una         frattura tra eletti ed elettori. Di fatto l’elezione di deputati         e senatori non         dipende dalla scelta dell’elettore ma dai capi dei partiti. In         pratica si         tratta di cooptazione dall’alto. L’unica vera incognita è quanti         voti prende la         lista di partito, chi sarà eletto è deciso a tavolino dai capi         partito. 
Per questo è stupefacente l’ineffabile affermazione di         Giorgia Meloni che chiede agli elettori se preferiscono eleggere         direttamente         il Presidente del Consiglio, fingendo di dimenticare che lei è         anche il capo di         Fratelli d’Italia (e del suo partito europeo) e che la proposta         è legata ad una         legge elettorale che toglierà per sempre l’autonomia decisionale         dei singoli         parlamentari (in barba all’articolo 67) che verranno nominati         dall’alto, cioè         da lei, al solo scopo di sostenere il governo del Presidente del         Consiglio, con         in più il ricatto di elezioni anticipate se sgarrano.
Il veleno del maggioritario è stato portato nel         sistema         politico dimenticando che la nostra Costituzione delinea un         sistema di pesi e         contrappesi, di garanzie per evitare di tornare al governo del         capo come nel         ventennio, basato su un sistema elettorale proporzionale. 
Oggi non è più così, il rosatellum in vigore ha         regalato nel         2022 alle destre un premio di maggioranza del 15%, trasformando         il 44 % di voti         ottenuti nel 59 % di deputati e senatori. Questa maggioranza         parlamentare         spropositata, che altera la parità nel voto in modo         inaccettabile, viene ora usata         per imporre l’autonomia regionale differenziata, versione         Calderoli, che porterà         l’Italia verso 20 staterelli. 
Il Covid ha dimostrato che occorrerebbe tornare ad un         vero         sistema sanitario nazionale, superando laderiva attuale in 20         sistemi         regionali, ma il patto scellerato tra Lega e FdI porterà a         rompere l’unità su         diritti fondamentali come sanità, istruzione, lavoro e alla         creazione di         barriere tra le regioni sulle scelte economiche. Un disastro per         l’unità         nazionale, che a FdI non sta a cuore come afferma.
L’altro corno del patto scellerato è l’elezione         diretta del         Presidente del Consiglio che taglia i poteri al Presidente della         Repubblica e         riduce il parlamento ad appendice del governo, per di più         insistendo con la         menzogna che i poteri altrui non verrebbero toccati.
Giorgia Meloni vuole uscire dalla Costituzione         democratica ed         antifascista del 1948 e ottenere una diversa legittimazione,         iniziando un         percorso di modifiche costituzionali. Immaginare che La Russa         potrebbe essere         il successore di Mattarella, un incubo con cui è bene fare i         conti.
Occorre respingere le modifiche proposte dal governo         alla         Costituzione e la creazione di un’Autonomia regionale         differenziata che fa a         pugni con i suoi principi fondamentali. Anche ricorrendo ai         referendum se         necessario, purtroppo è in corso un lavorio per impedire il         referendum sulle         modifiche della Costituzione, che può riuscire solo se una parte         dell’opposizione vota con la destra.
E’ importante che si apra una seria discussione sulla         legge         elettorale che la destra vuole maggioritaria e legata a filo         doppio con         l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Il         maggioritario ha fallito i         suoi obiettivi, ha spinto metà degli elettori nell’astensione e         questo mina la         stessa democrazia, che è ben più che votare ogni 5 anni.
Le opposizioni debbono riflettere sul ritorno al         proporzionale e dando la possibilità a chi vota di scegliere la         persona che lo         deve rappresentare, questo ristabilirebbe un rapporto di fiducia         tra eletto ed         elettore, che il maggioritario ha interrotto. 
Dopo il voto si formeranno maggioranze parlamentari         sulla         base di un programma concordato, sul modello tedesco. Condivido         Travaglio: “la         politica è fatica, mediazione, compromesso tra istanze e         interessi diversi”. Dopo         il voto occorre decidere programma e obiettivi. Ci può essere la         preferenza         unica o collegi uninominali con eletti in proporzione su base         circoscrizionale         e nazionale, l’importante è che l’elettore sappia chi sceglie. 
Costringere gli elettori a scegliere in un bipolarismo         forzato può solo allontanare ancora di più gli elettori dal         voto, restringendo         le basi della rappresentanza e della democrazia. Oggi questa         consapevolezza non         c’è, ma l’impegno a respingere il premierato e il maggioritario         al suo servizio         è occasione per fare questa discussione e decidere le scelte         migliori.