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Referendum, così si difende la Costituzione. Anche nel nome di Alessandro Pace
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  21/04/2025  17:47:59, in Politica, letto 71 volte
(www.strisciarossa.it - 21 aprile 2025)

La morte di Alessandro Pace, preannunciata da una malattia insidiosa e terribile, suggerisce di unire il ricordo di una figura di intellettuale di grande valore con una riflessione politica su un tornate decisivo per la storia dell’Italia: il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
Alessandro Pace era professore emerito di diritto costituzionale alla Sapienza e avvocato, in tanti anni di insegnamento e di ricerca si è occupato della Costituzione della nostra Repubblica e ha scritto saggi, libri, diretto una rivista dei costituzionalisti. Nell’ultima fase si è occupato della felicità, nelle declinazioni della Costituzione Usa e di quella francese, mi disse che era un argomento che lo aveva affascinato da anni e che dopo essersi dimesso dalla Presidenza del Coordinamento che aveva contribuito a fondare poteva finalmente approfondire. Mi chiamò mesi dopo contento di avere concluso la ricerca e mi inviò uno scritto sull’argomento.

Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016

Questo studioso di orientamento liberale è stato altresì protagonista nel 2016, a 80 anni, dell’iniziativa di massa volta a contrastare la “deformazione” della Costituzione (definizione di Felice Besostri) voluta fortemente da Matteo Renzi e a contrastare la legge elettorale nota come Italicum.
Pace è stato il primo presidente del Coordinamento per la Democrazia costituzionale. Coordinamento che fu il punto di raccolta e di sintesi di energie intellettuali, sociali e politiche molto diverse. Il Coordinamento divenne il punto di organizzazione del contrasto verso una inaccettabile modifica della Costituzione, per di più accompagnata da una legge elettorale incostituzionale, come affermò una sentenza della Corte costituzionale.

Il coordinamento per la difesa della Costituzione

Il Coordinamento si presentò pubblicamente alla Camera dei deputati, dopo una lunga gestazione, all’inizio del 2016 schierando Alessandro Pace, Gustavo Zagrebelsky, Massimo Villone, Stefano Rodotà, Alberto Asor Rosa e tanti altri costituzionalisti, intellettuali, dirigenti di associazioni, esponenti di partiti che non condividevano la scelta di manomettere la Costituzione.

L’obiettivo di fondo del Coordinamento era convincere con argomenti culturali, giuridici, politici che sarebbe stato un errore farsi condizionare dall’appartenenza di partito o di schieramento nel giudicare la proposta di Renzi di stravolgimento della Costituzione, che puntava a cambiarne ben 47 articoli, anche se era fortemente sostenuta dal segretario del Pd dell’epoca – Matteo Renzi – che cercava con ogni mezzo di farla passare insieme all’Italicum, usando perfino il voto di fiducia che per materie come Costituzione e legge elettorale non dovrebbe mai essere utilizzato.

Alessandro Pace, eletto presidente, dimostrò di essere un liberale capace di connettersi idealmente con persone e culture diverse, a volte lontane, nel migliore spirito della Costituzione, in una battaglia comune costruita su valori condivisi in nome di un grande e importante obiettivo. come appunto e’ stato la difesa della Costituzione, la Carta fondamentale che e’ stata posta nel 1948 a fondamento e a garanzia della democrazia formale e sostanziale della nuova Italia democratica, sorta dopo il ventennio di dittatura fascista.

Allora vinse il No, e l’Italicum fu bocciato dalla Consulta

Alessandro Pace ha insegnato quotidianamente a tanti di noi (a partire da me che ne ero il vice presidente) di fare sempre riferimento ai principi fondamentali della nostra Costituzione.

Pace era inoltre nettamente contrario ai tentativi di sommare modifiche diverse della Costituzione perchè l’articolo 138 – diceva – consente modifiche puntuali e precise, su cui i cittadini possano essere chiamati a pronunciarsi con piena consapevolezza in un referendum e quindi messi in condizione di decidere liberamente. La critica ovviamente non era solo per l’iniziativa di Renzi ma in generale per i ricorrenti tentativi di cambiarla in modo esteso, rendendo difficile se non impossibile ai cittadini pronunciarsi in un referendum che la Costituzione definisce confermativo, pur essendo chiaro che se vince il No diventa automaticamente abrogativo perchè impedisce alle modifiche di entrare in vigore.

Al fondo della contesa referendaria fu proprio questo il punto, rendere chiaro che singoli aspetti accettabili non possono fare velo su un giudizio di fondo sulla natura delle modifiche costituzionali oggetto di valutazione nel referendum per elettrici ed elettori chiamati a votare Si o No al testo proposto di modifica della Costituzione.

Come è noto il 4 dicembre 2016 il referendum costituzionale vide prevalere il No e la proposta di Renzi non entrò in vigore e anche la legge elettorale che doveva completarne il disegno istituzionale fu bocciata dalla Corte costituzionale. Il disegno di Renzi era fallito, bocciato dall’elettorato. Tuttavia le conseguenze politiche si limitarono al destino personale di Renzi in quella fase, essendo chiaro che la frase: mi ritirerò dalla politica se perderò era mera propaganda elettorale, che non convinse l’elettorato ma non ebbe una conseguenza coerente.

Ora è il turno delle destre

Certo Matteo Renzi si dimise prima da Presidente del Consiglio e più tardi da segretario del Pd. ma il suo partito non ha mai affrontato una vera discussione, a partire da una valutazione sulle ragioni di una sfida di questa natura ha cambiato il segretario, ha contribuito ad eleggere un nuovo Presidente del Consiglio. Questa discussione sarebbe stata importante non solo per comprendere gli errori compiuti e correggere l’orientamento politico ma ancora di più per rimettere al centro il ruolo della Costituzione del 1948 per almeno due ragioni di fondo.

La nostra Costituzione è stata scritta dalla forze fondamentali della lotta antifascista che hanno scritto una Carta fondamentale importante che ha retto, pur con tanti problemi, la costruzione dell’Italia democratica, frutto di una congiuntura starordinaria nata da prove e distruzioni drammatiche come la guerra, la sconfitta, l’occupazione, la rinascita. Inoltre i principi fondamentali (ricordati instancabilmente da Pace) della Costituzione sono più che mai validi, certo ci sono singole parti invecchiate ma non tali da giustificare atteggiamenti di sottovalutazione che ci sono stati troppe volte anche a sinistra.

Anche dopo il referendum del 2016 ci sono stati tentativi di rimettere al centro modifiche di fondo della Costituzione e proprio da queste tentazioni dovute a sottovalutazioni fino a costituire un vero e proprio errore politico ha tratto alimento l’attuale tentativo di stravolgimento delle destre che non a caso citano atteggiamenti, scelte, motivazioni delle attuali opposizioni.
Appartengo a coloro che pensano che ancora oggi le opposizioni dovrebbero prendere la Costituzione a fondamento di un programma alternativo alle destre, innestando sui principi fondamentali le proporste concrete di attuazione e rivedendo drasticamente deviazioni che in questi anni hanno gravemente scartato dai principi fondamentali.

I tentativi di modifica della Carta

Del resto queste destre hanno un evidente problema irrisolto con la Costituzione, troppe volte sopportata più che condivisa, come del resto le sue origini antifasciste che restano tuttora difficili da accettare da settori fondamentali delle destre. L’opposizione dovrebbe trarre le conseguenze da queste ambiguità se non veri e propri allontanamenti dalle radici antifasciste della nostra Repubblica e partire dalla Costituzione per farla rivivere e inverarla nell’attualità.
La Costituzione è di nuovo nel mirino di tentativi di modifica, in questo caso della maggioranza delle destre. Addirittura i 3 partiti di maggioranza hanno individuato ben 3 punti di attacco che compongono uno stravolgimento.

La legge Calderoli

Il primo obiettivo delle destre è l’iniziativa della Lega di introdurre in Italia un regionalismo non solidale ma concorrenziale che finirebbe per divaricare ancora di più il nostro paese che marcia a velocità e in condizioni profondamente diverse, come dimostrano gli ultimi dati dell’Istat sulle medie regionali dei redditi che colloca le diverse regioni in una differenza che tende sempre più ad un rapporto 1 a 2, ne fa parte integrante la parallela divaricazione dell’emigrazione delle ragazze e dei giovani all’estero, soprattutto qualificati, altra spia preoccupante. La Corte costituzionale pur non rigettando l’intera legge Calderoli ha dato un giudizio duro di parti fondamentali della legge chiedendo il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione (torna l’insegnamento di Alessandro Pace) che non prevede una regionalismo concorrenziale ma semmai solidale e affermando che in questo ambito possono essere delegate solo singole funzioni alle regioni non intere materie.

Il voto diretto al Capo del governo

Il secondo è il tentativo di imporre una svolta che non riuscendo a proporre il presidenzialimo come da programma elettorale propone di votare direttamente il Capo del governo, ipotizzando una vera e propria Capocrazia. “L’unto dal voto” diventerebbe pressochè inamovibile, costringerebbe il Presidente della Repubblica a perdere parti fondamentali del suo ruolo di riferimento istituzionale unitario, dei suoi poteri fondamentali, riducendolo ad una figura notarile, mentre il parlamento diventerebbe del tutto subalterno al ruolo del capo del governo eletto direttamente e anche la legge elettorale prevista nella stessa modifica della Costituzione non farebbe altro che legare strettamente l’elezione del capo del governo alla permanenza in vita e al ruolo stesso del parlamento.

La divisione dei poteri e il ruolo fondamentale del parlamento previsto dalla nostra Costituzione verrebbero cancellati, tutto dipenderebbe dal Capo del governo eletto direttamente.

L’attacco all’indipendenza della magistratura

Il terzo, particolarmente connesso con il secondo, è il tentativo di manomettere l’indipendenza della magistratura. Le destre sono insofferenti al ruolo indipendente degli organi di controllo, ai cosiddetti contropoteri, e tentano di togliere di mezzo quanto può costituire un ostacolo ai loro disegni. Le destre al governo in continuità con il berlusconismo ritengono che ottenere la maggioranza parlamentare autorizzi a ritenere che non ci possono essere vincoli e controlli. Il Capo che vince le elezioni dirette prende tutto il potere, punto.

Sognano di poter imitare Trump nel tentativo di trasformare la democrazia in una gestione del potere del tutto personale del Capo. Per fortuna la Corte suprema degli Usa ha battuto un colpo contro la gestione inumana degli immigrati trattati come delinquenti, espulsi senza alcun riguardo ai diritti delle persone.
Il confronto è tra due concezioni diverse, alternative, bisogna preparsi ad una prova elettorale perchè la destra attuale ancorchè non abbia avuto la maggioranza né dei voti né dei votanti e abbia ottenuto una maggioranza parlamentare del 59% con solo il 44% dei voti non ha nessuna intenzione di rinunciare alla forza dei numeri in parlamento e vuole imporre le sue scelte.

La democrazia è a rischio

Non si può cedere di fronte al tentativo di colpire l’indipendenza della magistratura ed è probabile che questo sia il primo provvedimento di stravolgimento della Costituzione che arriverà al giudizio di elettrici ed elettori. Avremo bisogno che nuove energie intellettuali, associative, politiche reagiscano con la forza necessaria per convincere la maggioranza a respingere questa controriforma costituzionale.

Alessandro Pace ha svolto un ruolo fondamentale nell’impegno per far vincere il No nel referendum costituzionale il 4 dicembre 2016, fu prezioso il suo contributo di studioso della Costituzione, di democratico e di rigoroso difensore della carta fondante della nuova Italia, nata dalla Resistenza e dalla vittoria sul nazifascismo.

Dovremo sapere evocare energie intellettuali e associative altrettanto forti perchè la sfida è di fondo, se passasse la concezione di questa destra avremmo una vera e propria deriva personalistica, una democrazia una tantum nella data delle elezioni, un restringimento delle libertà, il silenziamento delle sedi di controllo e bilanciamento (check and balance dicono gli inglesi). Il pericolo di una democrazia stravolta è reale, chiamarla illiberale è un errore perchè è una contraddizione in termini.

Una democrazia ridotta ad un voto per dare una delega totale ad un Capo, chiunque esso sia, senza neppure contropoteri adeguati non è la democrazia che conosciamo, stravolgerebbe la Costituzione che abbiamo conquistato con tanta fatica, scopriremmo troppo tardi che avremmo perduto tanto.
Fermiamo questa deriva, facciamo conoscere il ruolo di persone come Alessandro Pace che hanno contribuito a difendere la democrazia in Italia da attacchi e cedimenti politici e il modo migliore per fare questo sarebbe farla vivere prima possibile come vessillo dell’alternativa alle destre.
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