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Cara Elly Schlein, per il Pd il tempo dell’alternativa è ora
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  02/09/2025  08:51:40, in Politica, letto 57 volte

Pietro Spataro ha scritto un articolo serio e coraggioso (qui il link), nel quale è evidente il dispiacere nel vedere l’inciampo rappresentato dall’indigesto accordo campano che si prospetta nel Pd e che rischia di rallentare, se non fermare, il cammino iniziato da Schlein nel Pd.

Cito Pietro, ma fa impressione anche la coraggiosa sofferenza pubblica di Ruotolo nell’intervista su Il Fatto che non nasconde i problemi creati dall’accordo e cerca di inserire l’accordo in una soluzione positiva.

L’obiettivo dell’accordo è chiaro: arrivare ad una candidatura unitaria nelle ormai prossime elezioni regionali nella persona di Fico a capo di quello che non so come chiamare, campo largo è bruttino, sarebbe meglio trovare un nome più caratterizzante e mobilitante come alternativa campana.

Confesso che da non Pd (mai entrato, mai uscito, senza intenzione di entrarvi) ho sempre guardato con sofferenza alle evoluzioni del Pd perché convinto che se questo partito non riesce a darsi un profilo che non sia lo stare al governo e basta il futuro dell’alternativa diventa impossibile.

La vittoria di Elly Schlein

La vittoria inattesa di Schlein nelle primarie ha reso evidenti due cose. La prima è che a volte agisce l’eterogenesi dei fini, infatti non credo che i sostenitori delle primarie avessero previsto un esito tale da capovolgere le decisioni interne del partito. La seconda è che la figura della segretaria è diversa da quella del suo antagonista Bonaccini, se avesse vinto lui avrei tratto conseguenze fosche sul futuro del Pd e dell’opposizione, prima è stato per l’autonomia differenziata in combutta con i presidenti leghisti, poi contrario di fronte alla frana che ha colpito la disastrosa legge Calderoli e al rischio referendum.
La rottura c’è stata e questo è importante, tanto più che è arrivata dopo il disastro delle elezioni del 2022 che Letta, all’epoca segretario del Pd ha scelto di combattere senza il Movimento 5 stelle sbagliando giudizio sulla fase e sulla destra italiana, da cui non sarà facile liberarsi visto che c’è un Ministro che ha applaudito lo sgombero del Leoncavallo mentre ha difeso l’occupazione di Casa Pound.
Non credo che Schlein abbia dimenticato come è diventata segretaria e che ricordi che a lei guarda un campo più largo del Pd ed è questo che deve riconoscersi nelle sue scelte.

Importanti le battaglie popolari

La scelta unitaria della segretaria è stata condivisibile, il recupero del rapporto con il M5Stelle importante. Avere condotto battaglie popolari su questioni concrete pure. Ci sono stati anche limiti, prima dell’accordo campano, di cui non sempre sono state chiare le ragioni. Ad esempio tardive e troppo caute posizioni su Ucraina e Palestina, lo dico consapevole che non è facile avere posizioni chiare e condivise, tanto che Conte si è ritagliato uno spazio politico di iniziativa.
Di fronte a posizioni della Nato ispirate (?) da Biden chiaramente a sostegno della guerra (fatta dagli ucraini) l’Europa poteva e doveva avere una posizione diversa, autonoma, mettendo in campo una propria iniziativa per la pace, non averlo fatto ha portato a l’UE a subire l’attuale iniziativa unilaterale di Trump, che finora non ha concesso neppure uno strapuntino all’UE e imposto un aumento insopportabile delle spese militari che verranno aggravate da decisioni come l’ultimo sostegno a Zelensky, il cui conto è tutto a carico dell’Europa.
Trump vende armi, prende le distanza da Biden, e spera di passare alla storia come l’uomo della pace, nel frattempo l’Ucraina vive un inferno perché l’Europa è un nano politico incapace e fa risaltare Sanchez un gigante. Se la guerra con la Russia non si deve fare occorre trovare con intelligenza e duttilità un’intesa di pace e prima si capirà che continuare a dire che debbono decidere gli ucraini (a cui mandiamo armi) è una formula stupida ed ipocrita.

Ma su Ucraina e Palestina posizioni caute e tardive

Palestina, è una situazione che grida vendetta, insopportabile, un genocidio (uso questo termine dopo molte titubanze) perché oltre ai discorsi non l’Europa non ha cercato di costruire uno schieramento con i paesi arabi per fermare Israele in un’azione che lo lorderà di sangue per decenni ? Perché rimettersi solo alle sedi internazionali purtroppo malmesse e incapaci di farsi ascoltare?

Forse sarebbe utile una nuova risoluzione dell’ONU che ribadisca oggi che lo stato di Palestina deve esistere e magari riutilizza i 10.000 militari di Unifil per gestire Gaza, con Trump o senza, visto che sta preparando un’orrida speculazione edilizia con l’aiuto di Blair. Poi l’Europa interrompa i rapporti militari con Israele sotto ogni forma.

Le osservazioni quindi non riguardano solo il compromesso campano che forse alla fine sarà accettabile a Ruotolo, o forse no, perchè è complicato e si fa presto a affossarlo. Il problema che colpisce è Piero De Luca – su Vincenzo ha ragione Ruotolo, si chiude un’epoca – cosa dirà al congresso campano per farsi votare? Francamente non lo invidio. Se abbozza tradisce il padre, se insiste sulla difesa del passato è ancora peggio, si vedrà.

Va riformato il meccanismo delle Regioni

Il problema enorme che nasce dalla vicenda campana del Pd, e non solo, è il meccanismo istituzionale costruito per presidenti di regione che godono a sentirsi chiamare governatori ma non lo sono, per questo siamo arrivati al nodo. Si dovrà rimettere mano alla riforma regionale, non è accettabile che l’Italia abbia 21 sanità diverse e Calderoli a breve proverà a renderle ancora più diverse, bisogna ricostruire una sanità pubblica nazionale, non è accettabile che il presidente sia inamovibile a meno di sciogliere il consiglio regionale che dovrebbe controllare e modificare i provvedimenti ma in realtà è sotto ricatto.

Non a caso la destra vuole qualcosa di simile per la futura legge elettorale nazionale.

Dalla sofferenza campana emerge un altro serio problema per Schlein, c’è un ritardo nel costruire un progetto di coalizione, di programma condiviso, non solo dai vertici ma dagli elettori, da centinaia di migliaia di persone che debbono essere protagoniste e decidere sulle scelte.

Occorre una svolta, il momento è adesso. Urbinati e Trigilia hanno posto il problema dal lato degli intellettuali, hanno ragione, le migliori energie debbono essere mobilitate, coinvolte per contribuire alla costruzione del programma.

Il tempo dell’alternativa è ora

Tuttavia gli intellettuali è meglio che vengano cercati da tutta la coalizione che deve esplicitamente decidere che sulle scelte si vota, punto. Il problema è che il tempo dell’alternativa è ora, non solo perché ci vuole tempo ma perché il governo regge solo per il potere e la capacità di raccontare un’Italia che non c’è. Se l’asso dell’alternativa venisse calato presto con un’iniziativa forte anche il sacrificio campano avrebbe un altro senso.

Chi pensa di tornare a Prodi non ha studiato le diversità che prescindono dal valore delle persone.

Nel 1997 ci fu il primo accenno di crisi del primo governo Prodi ma il coinvolgimento dei metalmeccanici, a partire da Brescia, convinse chi era tentato che non era il caso di arrivare alla crisi. Nel 1998 i metalmeccanici non si mossero e si arrivò alla crisi, qualcosa si era rotto nel rapporto di fiducia.

L’insegnamento è che l’elettorato dell’alternativa va coinvolto, è diverso da quello della destra che punta a occupare il potere. Con l’elettorato di centro sinistra va concluso un patto di fiducia, che sia chiaro con alcune scelte chiare e caratterizzanti e nessuno pensi di lasciare a margine Ucraina, Gaza, Nato, rapporti di autonomia con gli Usa, riforma delle sedi internazionali come l’ONU e pratiche per prevenire o almeno risolvere le guerre, riportando in auge il modello Helsinky 1975.

Ad esempio nel 2026 rischia di venire meno l’ultimo accordo sulle bombe nucleari, gli autocrati debbono essere ridimensionati, costretti ad accettare regole internazionali, come era nelle intenzioni di Roosevelt, nel mondo sembrano esserci energie disponibili.


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