nel convegno on line del 23 maggio 25 promosso dall’Associazione Ringrazio anzitutto Stefano Ciafani, presidente di Lega ambiente, Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, Maria Grazia Midulla esponente storica del wwf che sono qui con noi a ricordare Massimo Scalia. Il prof Naso ha dovuto ricoverarsi per un problema di salute e ci manderà uno scritto appena possibile. Siamo lieti di avere più punti di vista e di esperienze per ricordare Massimo, che non è racchiudibile in una sola dimensione.
Massimo Scalia era una persona eccezionale. Come disse Pertini chi ha un carattere difficile è semplicemente una persona che ha carattere. Era competente, generoso, infaticabile, malgrado le avversità, ricordo l’impegno di lunga lena per denunciare le responsabilità dell’Eni nell’uso dei combustibili fossili.
Nel 1987 ho partecipato al referendum sul nucleare dal territorio come segretario Cgil dell’Emilia Romagna. Quando ci fu l’incidente di Chernobyl ero a Ravenna per una manifestazione, ricordo l’inganno di una bella giornata con un sole velato mentre dall’altra parte del mare si stava diffondendo una pericolosa quanto subdola nube radioattiva di dimensioni mai viste.
La nube radioattiva che investì l’Europa portò alle misure di sicurezza che spinsero moltissime persone a rendersi conto che il nucleare civile non è una fonte energetica come un’altra ma è pericolosa in sé. Per come funziona può portare ad incidenti con conseguenze catastrofiche non solo nella località dove avviene ma in un’area molto più vasta, per effetto dei venti che portano le polveri radioattive (come a Chernobyl o a Mururoa) o del mare (come a Fukushima), oppure crea rischi incontrollati per effetto di guerre che come abbiamo visto a Zaporigia non si fermano di fronte a potenziali disastri.
La minaccia di guerra o di attentato non sono affatto un pericolo solo teorico.
E’ incredibile quanti non comprendano i pericoli della guerra, purtroppo di grande attualità, in presenza delle centrali nucleari.
Sono stato amico e ho collaborato dalla Cgil regionale con il prof Cesare Maltoni, oncologo di fama mondiale, che iniziò il lavoro di prevenzione sulla devastazione dell’amianto sulla salute di chi veniva a contatto per lavoro o per territorio con quelle fibre all’apparenza innocue, in realtà letali. Maltoni iniziò dalle officine grandi riparazioni delle ferrovie e si arrivò alla legge sull’amianto. Maltoni si occupò di prevenzione di altri tumori a partire dal cancro al seno, aiutò gli Enti locali e poi la regione a creare presidi territoriali per la prevenzione, creò un centro presso il Sant’Orsola di Bologna, un hospice, l’istituto di ricerca Ramazzini a Bentivoglio. Questa mente brillante e dedicata alla salute delle persone in modo disinteressato non ha avuto riconoscimenti come altri, ma nel sindacato che ho conosciuto ha sempre trovato un interlocutore attento e pronto a raccoglierne gli insegnamenti.
Ricordo Cesare Maltoni non solo per ricordare un altro caro amico che lo merita ma per dire che questa collaborazione ha fatto crescere la consapevolezza nel sindacato che doveva aprirsi alle tematiche della salute e dell’ambiente di lavoro, di chi abita nel territorio, costruendo una cultura diversa, non difensiva, alternativa di fronte alle conseguenze di un industrialismo cieco e di investimenti sbagliati, perniciosi. Una cultura che nella tradizione del movimento operaio non era presente spontaneamente.
Nuovi apprendisti stregoni in questi giorni parlano a vanvera (direbbe Scalia) di nucleare sicuro e copiano i loro predecessori che hanno fatto danni a non finire, sognano di riportarlo in auge.
Tornando a Massimo. Nel 2008, caduto il 2° governo Prodi, pensavo di dedicarmi all’Ars creata da Tortorella, ad una riflessione sulla sinistra che tante delusioni ha dato a tanti di noi.
Avevo sottovalutato che nel 2008 Berlusconi aveva vinto le elezioni con una maggioranza mai vista: quasi 100 deputati e 50 senatori. Con questa maggioranza lui e Scaiola hanno fatto approvare ad un parlamento che aveva attestato che Ruby era nipote di Mubarak la legge per reintrodurre il nucleare in Italia sulla base di un accordo capestro con la Francia e fregandosene del referendum del 1987 che aveva detto un secco no al nucleare in Italia.
Nell’opposizione politica al centrodestra dell’epoca la sconfitta subita non era ancora metabolizzata, tentennamenti sulle scelte c’erano anche qua e là nel mondo ambientalista. Un articolo sul Manifesto nel settembre 2008 lanciò la proposta di prepararsi alla sfida del referendum abrogativo. Un gruppo formato tra gli altri da Scalia e Mattioli, Giorgio Parisi, Serafini e Mauro Bulgarelli, Agostinelli, Filippi, Bardi e Umberto Guidoni a cui dobbiamo il nome “Si alle rinnovabili No al nucleare”, promosse l’associazione che stiamo rilanciando di fronte alla nuova sfida sul nucleare civile, decidendo che dopo l’esperienza tormentata del 1987 questa volta dovevamo realizzare un’alleanza tra ambientalismo e mondo del lavoro.
Panini e Filippi coinvolsero prima Guglielmo Epifani e poi Susanna Camusso e con il loro aiuto realizzammo buoni risultati di alleanza tra il sindacato e il mondo ambientalista.
Massimo Scalia fu protagonista di questa operazione, senza lui e Gianni Mattioli non ci saremmo riusciti. Non fu facile convincere ambienti molti diversi che l’ostilità reciproca doveva essere superata, rimuovere incrostazioni non fu semplice, tuttavia con strappi e difficoltà l’operazione riuscì e l’associazione decollò a fianco delle storiche associazioni ambientaliste (oggi presenti con noi per ricordare Scalia) dando vita ad un coordinamento che doveva interagire con Di Pietro, unico interlocutore politico disponibile a raccogliere le firme per arrivare al referendum abrogativo...
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